La Grecìa Salentina (pronunciando proprio Grecìa, con accento sulla “i”), è un’area del territorio salentino…
Cinema nel Salento e cinema salentino, intervista con Matteo Galante
Da un decennio a questa parte, il Salento sembra quasi essere diventato una moda come splendida ambientazione per film che hanno generato buon successo. In principio fu Liberate i pesci, ma film di livello decisamente superiore hanno raggiunto discreta notorietà alcuni anni or sono – come è il caso di Italian Sud Est – o un vero e proprio boom di consensi come La terra e soprattutto Mine vaganti. Crescente popolarità è stata riscontrata anche per registi salentini e pugliesi come Edoardo Winspeare e Sergio Rubini. Qualcosa sembra muoversi pure a livello organizzativo, come è accaduto con l’istituzione dell’Apulia Film Commission, ente creato nel 2007 per erogare fondi destinati al settore audiovisivo. Tuttavia, i problemi sembrano essere notevoli per chi si accosta al cinema, nel Salento ed in Italia, con l’intenzione ultima di realizzare film di livello.
Parliamo di tutto ciò assieme a Matteo Galante, regista salentino classe 1983 che ha alle spalle già un cortometraggio con buon consenso di critica, lo dimostrano alcuni premi conseguiti anche a livello internazionale. Si tratta del corto I passi dell’anima, che potete vedere in fondo a questo articolo.
Innanzitutto, una distinzione. Quanto cambia il peso tra le possibilità di fare cinema “nel salento” – cioè prodotto da registi ‘esterni’ già affermati – ed il fare “cinema salentino”, vale a dire prodotto da registi del luogo?
Il peso cambia tantissimo. I registi “esterni” prediligono ultimamente il Salento per le location, non certo per le possibilità produttive. Infatti non c’è una rete produttiva dotata di mezzi e strutture come esiste in altre regioni d’Italia. Inoltre, qui il costo di produzione è inferiore ai grossi centri. Basti pensare che la maggior parte delle ultime opere sono state girate nella provincia, in paesi che con le riprese hanno giustamente goduto di pubblicità positiva.
Apulia Film Commission sembra essere la risposta pugliese per un maggior impegno verso l’audiovisivo. Eppure, riuscire anche solo ad avere un sostegno economico per realizzare un cortometraggio è dura. Perché?
Diciamo che i bandi sembrano essere cuciti ad hoc per alcuni nomi, sempre gli stessi. Per vincere un bando purtroppo devi avere alle spalle già una produzione e tante di quelle altre cose che un giovane, che non conosce entità produttive, è già tagliato fuori. E sono tanti i tagliati fuori, chi è che esce da una scuola di cinema, un’università, e sa già a chi rivolgersi per produrre la sua opera? Io ero fra questi e se non avessi avuto la fortuna di avere un padre che chiedeva un prestito per me, non sarei riuscito a produrre niente di serio. Certamente l’Apulia Film Commission non mi ha aiutato.
Il tuo corto “I passi dell’anima” è stato girato interamente nel Salento, tra il comune di Poggiardo e le campagne circostanti. Avresti potuto scegliere altra sede anche fuori dai confini locali oppure c’è un motivo particolare per cui hai deciso di ambientarlo nella tua stessa terra?
Il mio corto nasce da un mio racconto ambientato altrove, poi per partecipare a quello che una volta era il Salento Film Fund l’ho riambientato nel Salento. La scelta è stata azzeccatissima, le location hanno dato colori e forma a qualcosa che era prima solo un’idea. La storia si è amalgamata nella nostra terra e adesso mi risulta impensabile scollegare il mio corto dal Salento. Devo confessare che la scelta poi delle singole location è merito in parte di mio padre che da profondo conoscitore del Salento mi ha suggerito dei posti bellissimi.
Il tuo sembra essere un cinema non gridato, quasi interiore. Nel corto vediamo svelarsi dettagli uno per volta senza che si proferisca parola. Da dove è nata questa scelta?
Inizialmente l’idea era di inserire una voce narrante, poi però togliendo quella voce le immagini funzionavano bene, forse anche meglio. D’altronde il cinema è racconto per immagini. Inoltre – dato che il tema è un tema esistenziale – il racconto ha bisogno di un certo silenzio, in modo che lo spettatore si possa concentrare meglio sul personaggio e su quello che può pensare. A rendere tutto più vivo, toccante – in definitiva più vero – mi ha aiutato la magnifica recitazione di Cosimo Cinieri e la bellissima collaborazione con i miei due giovani attori Daniele Filograna ed Elisabetta Rampino.
Avendone la possibilità, proseguiresti in futuro su questo stesso stile?
Certamente. L’immagine è tutto nel cinema e chi gira si deve sempre far guidare dall’immagine. Sia chiaro che il tempo del solo muto è finito, ma bisogna ricordare che ogni storia ha il proprio modo di essere raccontata e se serve il muto, si deve usare il muto. Muto che non muore mai come d’altronde gli Oscar a The Artist lo dimostrano. Se farò cinema il mio stile sarà quello di sfruttare al massimo l’immagine.
Date le difficoltà per riuscire ad emergere direttamente dalla realizzazione di corti, non pensi che girare dei video per la musica possa essere un buon trampolino di lancio?
Lo vorrei tanto. Ci ho provato, ma gruppo dopo gruppo le opportunità sono sfumate per mille ragioni. Purtroppo anche qui il regista se non ha una produzione alle spalle non riesce a fare molto. Girare un videoclip è di sicuro molto ma molto più economico di un film, ma devi pur sempre avere un budget minimo che purtroppo al momento non ho. Inoltre devi avere un gruppo che creda nel videoclip come te, ed io non ne ho trovati.
Cosa consigli infine a tutti i giovani registi locali che non vogliono mollare questa affascinante strada? E cosa consigli a te stesso, che dei giovani registi locali ne sei parte?
Forse non sono nella posizione di poter dare consigli, anche perché per ora la mia carriera è in standby, ma se dovessi dare un consiglio sarebbe quello di guardare più in là dell’Italia. Oggi le dinamiche per poter fare qualcosa qui in Italia, e quindi nel Salento, sono profondamente ingiuste e penalizzanti. Se si vuole fare cinema e si pensa di avere talento l’Italia non è più purtroppo il posto giusto, qui non viene più premiato il merito, ma valgono solo le conoscenze. La cultura sta andando a fondo e tutti i finanziamenti al cinema vengono tagliati anno dopo anno sempre di più. Prendendo in prestito il titolo di un famoso film e contestualizzandolo: “L’Italia non è un Paese per giovani”.