Non siamo certamente ai livelli della bella Emilia Romagna, di città come Ferrara e Parma,…
In bici per il “Salento fuoco e fumo” di Nandu Popu
“È a questo punto, quando tutto intorno è silente, quando anche la bici scompare sotto le mie gambe, che mi sembra di volare. Sì, volare. Dolcemente volare. Chissà se Modugno andava in bici…”. Per la prima volta sono da sfogliare i pensieri di Nandu Popu, voce e autore dei testi dei Sud Sound System, nel suo libro “Salento fuoco e fumo” edito da Laterza: a lui (ma sarà un sentire diffuso) bastano una mountain bike e il paesaggio salentino per planare con la mente in leggerezza.
Con lente e lunghe pedalate per quelle “strade antiche costrette da muretti a secco (…) strade volute dalle vigne e dagli ulivi. Strade colorate dal rosso della terra arsa e dal bianco delle rocce calcaree”, il cantautore di Trepuzzi gode di un punto di vista privilegiato sia sugli aspetti positivi che su quelli negativi della sua terra: ha più tempo per riscoprire e assaporare i primi, riflette meglio sui secondi. È già nel titolo dell’opera questa doppia anima del Salento se l’autore decide di accostargli il fuoco e il fumo, due elementi che possono essere bene o male nelle varie circostanze.
Il fuoco “buono”. Quello che arde nel caminetto della tipica abitazione salentina di zio Maurizio, con alte volte a stella e le pareti tinte a calce “alla greca”: dalla griglia si sprigionano gli odori caserecci dei peperoni e dei “pimmitori te corda” (i pomodori appesi sotto la pergola dei giardini). Quello flebile, una fiammella, del fornello su cui cuociono i pezzetti di cavallo al sugo, piatto forte nelle “putée” (antiche osterie) del centro storico di Lecce. Poi quello della natura, del sole che tramonta ma non solo: “(…) è difficile fare a meno di guardare le stelle – scrive Popu – Sono come il fuoco. Come fai a non guardare il fuoco?”. Ultimo immancabile riferimento al calore della gente del posto: invadente quanto basta, “capace di esorcizzare qualsiasi male con una bestemmia e una risata fragorosa”. Come i pescatori di Frigole (piccolo centro balneare leccese) che, “seduti sulle panchine come se fossero i monumenti della piazza”, sorridono a chiunque ed è una cosa importante, questa, perché “un biker vero – come si definisce la voce dei Sud – non deve dissetarsi di sola borraccia”.
Il fuoco “cattivo”, invece, è l’inferno dell’attentato alle newyorkesi Torri Gemelle: il racconto di Popu inizia proprio l’11 settembre 2001 e il gruppo di bikers viene avvertito dell’evento al telefono mentre tutti sono intenti a pedalare. Ma non c’è bisogno di arrivare fino in America, in Salento sembra ardere quell’“ombrello rosso” – immagine dell’autore – sulla città di Taranto, nient’altro che “lo smog ferroso prodotto dagli altiforni, dispensatori di tumori per tutto il territorio circostante”.
Salento “fuoco e fumo”, si è detto. Anche qui, al fumo opinabilmente “buono” della legna messa ad ardere nel caminetto e a quello dell’erba (“non di campo, sia chiaro”, si legge) corrisponde quello sicuramente “cattivo” osservabile dal tetto del Pagliarone (un trullo sulla collinetta a ovest di Frigole) se “guardo a nord – scrive Nandu – verso la ciminiera della Centrale a carbone”.
Così la parola Salento finisce col fare rima “con sole, mare, vento e inquinamento”, come nota con amarezza il leader della band che, ad un certo punto della storia, pare rifugiarsi nella nostalgia di un passato meno avvelenato da affari sporchi e illegali: “(…) ncera menu denaru e puru menu miseria / e dru Salentu ca osce ieu nu troi chiui” (c’erano meno denaro e meno miseria,e quel Salento che oggi non trovo più) canta Fernando Blasi (vero nome dell’artista) in “Casa mia”, riportandone una strofa a introduzione di uno degli ultimi capitoli del libro.
Ma i ricordi, per dei combattivi come i Sud Sound System, servono solo da stimolo per il futuro: “Cantavanu le rime cu spezzanu catine, / mescavanu la raggia cu l’amore e la passione, / nui l’imu ereditata e proseguimu ‘sta missione, / moi damme sulu reggae ca brusciamu ogni oppressione” (“Dammene ancora”, brano del 2008).
La musica (un raggamuffin intriso di dialetto salentino e di pizzica), dunque, per parlare ai giovani e sensibilizzarli contro il marcio della società.
“Una terra deve impegnarsi – ha sollecitato Blasi in un’intervista su “nuovo Quotidiano di Puglia” del 27 maggio 2012 – a promuovere la socialità e la legalità per sconfiggere le arretratezze e, una volta per tutte, la criminalità organizzata”: questo il messaggio che i Sud, da ormai 20 anni, tentano di veicolare con il loro canto. Perché il Salento “è un deserto ma a volte nasce un fiore” (“Strade rosse”, brano del 2006).