La tradizione della poesia dialettale salentina è davvero lunga e radicata, particolarmente proficua soprattutto dall’Ottocento…
Mery Fiore, una rivelazione salentina
Con sound pop elettronico Mery Fiore e la sua band sono riusciti in tempi brevi a solcare i palchi del territorio nazionale. L’invito a vivere e scegliere luce e purezza versus il buio dominante è l’oggetto principale del primo e recentissimo singolo “Tell me”, con videoclip fluo vitaminico diretto dal regista Gianni De Blasi e la sua troupe.
Maria Antonietta, all’anagrafe, è un’artista leccese di 22 anni, è appassionata di lingue straniere e musica di tutte le derivazioni, si avvicina al canto già durante gli anni del liceo ma la sua personale sperimentazione canora al fianco di diversi gruppi e formazioni ha inizio ai tempi dell’Università.
Dai suoi racconti sembra che tutto sia accaduto inaspettatamente, come un gioco. Mery Fiore ricostruisce la sua storia sul palco e sotto i riflettori dicendo di essere stata letteralmente buttata sulla scena dal direttore del coro gospel con cui aveva cominciato ad esibirsi, si sta parlando di circa tre anni fa. Oggi, che di tempo ne è passato un po’, dice di essersi ambientata sotto i riflettori. Dal coro gospel si sono succedute varie esperienze: prima la cover band dei Beatles con i The Papy Boomers, poi il duo Gli Ultimi Arrivati con repertorio misto e per finire i The Beedons. Momenti e parentesi costruttivi confluiti in nuovi e sempre più chiari progetti personali.
La crescita è un fatto importante e non avrebbe luogo senza il confronto: l’esperimento con i “The PapyBoomers”, “papà scoppiettanti” così li definisce Mery Fiore, ha unito due generazioni differenti, una ventenne e quattro “giovani” di mezza età dai quali poter imparare tanto. Il loro repertorio raccoglie le più belle e anche più sconosciute canzoni dei Beatles cantate da una voce femminile, Mery Fiore, e suonate in modo rivisitato.
I testi che Mery Fiore scrive nascono da trame semplici, sono accordi spontanei e versi vissuti, è infatti tutto ciò che la circonda ad ispirarla. Quando la si sente cantare, quel tono dolce e potente insieme tocca le corde intime dell’anima.
“Go, spell!” è come una fuoriuscita dell’anima, un grido con cui comunicare a gran voce un forte messaggio condiviso.
Essere salentina, dice, significa per lei essere ispirata. La natura intorno ha forgiato il suo essere e la sua sensibilità, la passione per il verde e per la quiete, per la riflessione e l’introspezione. Di contro, un’identità così attiva e intraprendente come la sua risente della mancanza di attività, servizi e possibilità di lavoro, piaga di questa terra. Il Salento è una terra con grosso potenziale, molto spesso incapace di gestirlo, promuoverlo e salvaguardarlo, un po’come tutta l’arte e le cose belle d’Italia, Aida per Rino o la Malinconia per Caparezza.
Il passaggio di Mery Fiore dal pop-soul al suono elettronico è stata una vera evoluzione, la scoperta che i suoi brani potessero suonare in chiave elettronica, le influenze e le mille sfumature sono derivate dall’influsso sonoro dei componenti della band Matteo Spano alla batteria elettronica, Daniele Spano ai synth e bass line e Donato Nicolaci alla chitarra. E proprio l’esperimento, la mescolanza di generi e suoni, è diventata un’attitudine come quella di seguire i trend attuali e soprattutto quelli esteri.
Di fronte alla tastiera, Mery Fiore confessa di sfogare le sensazioni in note e accordi, sono, poi, i suoni a suggerirle le parole. E tutto sgorga come un flusso di coscienza.
La giovanissima artista salentina ha ricevuto ampi consensi che le sono valsi la vittoria della finale regionale al Dopolavoro di Brindisi e l’accesso al prestigioso palco dell’Arezzo wave love Festival tenutosi lo scorso luglio.
Sicuramente è stata una soddisfazione calcare il palco del primo maggio a Taranto al fianco di Vinicio Capossela, Afterhours, Caparezza e l’apertura ai concerti di artisti molto apprezzati come Marzia Stano, Calibro 35, Tying Tiffany e Cat Power.