La festa della Madonna del Canneto di Gallipoli risale a qualche secolo fa ormai, ed…
Quoquo Museo, il Museo del Gusto
I tipi di viaggio che si possono compiere sono diversi, mentali, fisici, di scoperta, di gusto. In ognuno di queste modalità c’è una trasposizione effettiva o immaginaria che percorre le rotte del bello e del nuovo, che apre porte prima inesplorate, che permette di vivere piacevoli sensazioni.
E sulla rotta del gusto, il Salento ti prende con mano e ti guida come un Cicerone panciuto e godurioso alla scoperta delle sue ricette, tra tradizioni e ingegno, rivisitazioni e eccellenza. Ci sono cose, come in ogni posto del mondo, che solo lì acquisiscono un sapore unico, difficilmente ripetibile in altre latitudini, e per ragioni legate al clima, al grado di umidità, alla temperatura. E così in Puglia e in Salento il rustico, il pasticciotto, le erbe aromatiche della macchia mediterranea, i frutti della terra hanno un sapore non clonabile (a proposito date un’occhiata anche a questo monumentale articolo sulle tipicità salentine).
In Salento, poi, c’è un posto che è un museo del gusto dove le papille gustative possono librare forte per la goduria che quel boccone ha procurato prima in bocca e poi in pancia. Ovazione delle signore papille. Si tratta di Quoquo Museo.
Il senso di calore e familiarità ti avvolge non appena vi metterai piede. Quoquo Museo, ossia il Museo del Gusto di San Cesario di Lecce, si occupa di beni culturali enogastronomici esposti in galleria come pezzi pregiati, il sapore particolare qui vive, cresce e matura ogni giorno sotto la cura di Titti Pece, general manager.
Chi è Titti Pece? La matron di una piccola casa editrice, Moscara Associati, di uno studio di immagine e comunicazione di impresa, è una storica dell’arte appassionata di eventi, scrittura di comunicazione e copywriting.
Lei ha un approccio tutto personale con il sapore, crede che esso possa tracciare itinerari e connessioni con occhio, mente e palato, il suo primo libro dedicato al Salento ne è la prova. Dalla gola si irradiano tanti link, un po’ come un ipertesto, e alla gola Titti ha dato il nome Quoquo che altri non è che un folletto del gusto che viaggia lungo il Salento alla ricerca del sapore.
Il folletto Quoquo è un viaggiatore , quando pronunci il suo nome mentre mastichi vien fuori il suono “coquina” che fa venire in mente la cucina e la parola latina “in qualsiasi luogo”. E proprio in qualsiasi luogo c’è sapore.
Al primo libro del 2005 ne è seguito un secondo nel 2007, a quel punto dato che il patrimonio di esperienze e percorsi di gusto salentini compiuti da Titti e il suo folletto diventavano sempre più corposi, si è deciso di dare una casa al folletto viandante. Nasceva Quoquo Museo, qui il folletto avrebbe continuato la sua ricerca nei luoghi e tra le persone, con approccio filosofico, storico e artigianale.
Questo ambizioso progetto di responsabilità sociale e culturale d’impresa ha come contenitore uno spazio di grande valore storico e architettonico: un vecchio magazzino di tabacchi che fu costruito a San Cesario di Lecce a fasi alterne tra gli anni ’20 e gli anni ’40 del ‘900. I sapori, le passioni, le esperienze, la convivialità, l’arte e la bellezza, le tavole apparecchiate, il gusto e la saggezza in questo luogo sono di casa.
Il menù di appuntamenti del Museo del Gusto stimola già da solo l’appetito dai cineforum a tema ai corsi di cucina classica, all’Aristoputeca, un evento che ripropone il gusto confortevole delle puteche o antiche botteghe, dove ci si incontrava per sorseggiare del buon vinello e apprezzare il cibo cucinato con cura ad un prezzo low. Poi ci sono temporary store come Slow Food e tanti corsi come quello sui dolci delle feste (pasta di mandorle, purceddhruzzi, pitteddhre e mostaccioli).
Se ancora non ti è chiaro perché questo luogo sia un Museo, te lo spieghiamo subito e meglio. Il senso da dare alla parola museo oggi, spiega l’ideatrice, è di un luogo di incontro e ricerca dove si custodiscono beni materiali e immateriali appartenenti alla cultura enogastronomica.
Il metodo e l’approccio hanno una valenza ben precisa: in questo museo si pratica l’archeologia del sapore, il restauro gastronomico, si riflette sul cibo e sul ruolo che esso ha nelle culture passate e presenti.
Bè, è proprio il caso di dirlo: “Buon appetito a tutti!”