Quando qualcuno dice “Turcinieddrhi” alzeranno la mano per rispondere, se quella posta è un’interrogativa, gruppi…
Cici Cafaro, cantastorie salentino
Lontano dai circuiti turistici c’è il cuore e l’anima del Salento più autentico: le storie, la gente, i paesi, le chiese, le masserie, i cantori e la resistenza di questi fattori allo scorrere del tempo.
Tra i cantori e aedi c’è Cici Cafaro, un nome e un’istituzione per Calimera e per l’intera Grecìa Salentina.
È l’uomo dalle molte vite: contadino, ambulante, emigrante, soldato, cantastorie e animatore culturale.
La testimonianza preziosa di Cici Cafaro ci permette di intrecciare al nostro presente un passato sconosciuto, sfaccettato e interessante.
Come un personaggio famoso di tutto rispetto, in un’autobiografia “Cici Cafaro. Io scrivo la realtà”, curata dall’antropologo Eugenio Imbriani, si racconta un po’ meglio chi è Cici, le sue avventure, i suoi canti, le rime, la padronanza del griko. L’uomo descritto è eclettico, fuori dalle righe, non un eroe né un letterato ma il portavoce, se vogliamo, della storia e della memoria di un intero popolo.
Il segreto del ritmo delle parole appartiene a Cici come se fosse una dote consegnatagli sin da piccolo, una vocazione, una virtù.
Calimera è il suo paese, la sua casa un museo segnalato da un’insegna sul cancelletto, “Ispirazione. Passione. Cultura. Poeta popolare. Cici Cafaro”. Le fotografie, gli articoli e le poesie affissi alle pareti della corte accompagnano il visitatore nell’iter museale. La casa di Cici Cafaro è un luogo pubblico dove tutti sono invitati ad entrare.
Luigi Cafaro è il suo nome di battesimo, tutti, però, lo conoscono come Cici. Dopo uno sguardo che visiona l’interiorità del suo interlocutore, Cici si lascia andare ad una stretta di mano e ad una serie concatenata di parole, ricordi e aneddoti. Con una formula egli si presenta: “Io sono Cici Cafaro e a voi voglio parlare, della mia vita vi devo raccontare… Per chi mi vuole sono io, Cici, e son l’amico degli amici”.
Chiunque attraversi la soglia della sua casa riceve un sorriso bonario. Con estrema cura il menestrello salentino spiega tutto quello che ha fatto e fa nella sua vita, da personaggio emblematico nella festa di San Biagio presso la Masseria omonima di Calimera a soggetto di studi in molte tesi. Non sorga stupore se chiede di ascoltare un suo cd o di vedere qualche documentario che parli di lui, più ci si trattiene più sarà contento come un nonno, insomma.
Tornando un attimo alla corte oltre alle foto e agli articoli di giornale c’è un rigoglioso pergolato e un presepe speciale realizzato in pietra; a dimostrazione del suo peregrinare da migrante c’è una valigia dove custodisce pagine di versi, rime e poesie.
Dalla bocca di Cici, oltre alle rime, si possono cogliere morali e insegnamenti. Ai tempi di Cici, dice, il povero era allegro e cantava mentre spingeva con fatica l’aratro.
Il menestrello intrattiene il visitatore con una vivida parlantina, fuori tramonta e si è perso il conto delle ore e del tempo. Sembra quasi un sacrilegio uscire da quella casa prima che lui non abbia esaurito almeno la metà o più del suo repertorio di storie e cunti.
Se, poi, fa sedere il nuovo amico sotto il pergolato finisce che andarsene non è più possibile.
A una domanda la risposta sarà cantata e in rima, ecco un esempio: “ci tene ricchezze e no sape amare, dicitime te la ricchezza ce bete ca ’a fare… ete meju lu Cici ca no tene ricchezza, ma tene nu core ca ete na bellezza!”.
Nella cucina di Cici prosegue la galleria di immagini e inediti che lo ritraggono in compagnia di amici, amiche e personaggi noti, passando dalla stanza da letto si arriva nel salotto dove sono messi in mostra articoli, foto, premi, targhe, libri, molti dei quali suoi.
Con l’indice e lo sguardo fieri indica una pagina di un giornale di Calimera che, in un copione teatrale, lo paragonava a Giacomo Leopardi. Salta agli occhi, tra i fotogrammi, un’immagine scattata nel 1974 a Kurumuny: lui, il cantore e figura istrionica, è al centro della scena, gli altri sono ai suoi piedi.
Cos’altro aggiungere di una personalità così composita? Cici è il miglior costruttore di lampioni di San Luigi, il più bravo suonatore di armonica a bocca, uno dei migliori conoscitori di canzoni popolari, di barzellette e culacchi.
E proprio sui lampioni Cici racconta che precedentemente si costruivano in onore di Sant’Antonio, lui, però, prese l’abitudine di realizzare alcuni meravigliosi lampioni in occasione del suo onomastico, San Luigi. E da allora la festa dei lampioni ricorre il 21 giugno.
Quando è ora di andare Cici tiene a ribadire che pur non essendo andato a scuola, la sapienza gli è stata data dalla vita, la sua insegnante più brava. Per completare e congedarsi invita chi lo ha ascoltato di lasciare il numero sulla sua agenda perché possa ricevere un invito diretto al suo prossimo evento musicale.
La tradizione deve necessariamente andare avanti, questo è il pensiero di Cici e anche il nostro.