Melpignano, non è solo la sede storica della grande serata con concertone finale de “La…
Settimana Santa e riti pugliesi
Partecipazione e coinvolgimento emotivo sono alla base delle tradizionali processioni e riti pugliesi della Settimana Santa.
Un’atmosfera intensa e ricca di spiritualità si accompagna ad elementi sensoriali sollecitati da struggenti marce funebri, dal mistero dei volti incappucciati, suoni, lamenti e canti religiosi. Riti che si reiterano ogni anno tra le viuzze lastricate e le cattedrali.
Le manifestazioni paraliturgiche che scandiscono la Quaresima e la Settimana Santa pugliese si connotano per una dimensione fortemente teatrale e scenica.
Ogni anno si entra in un clima vivo, estremamente catartico, teso a purificare l’umanità dal peccato universale. Si assiste all’impersonificazione del dolore, si ripercorrono le tappe, si mette in scena il dolore verso cui volgere rispetto, silenzio e preghiera, al punto da suscitare commozione.
Ogni paese segue la sua liturgia, tanti i punti comuni, uno fra tutti la fitta partecipazione.
A Martano la processione con le statue del Cristo morto e dell’Addolorata è preceduta da “quadri”, come quello che rievoca l’ingresso di Gesù a Gerusalemme.
A Maglie un alto numero di figuranti prende parte alla solenne processione del Venerdì Santo.
Sono senza dubbio emblema della ritualità pasquale pugliese le processioni di Taranto. Si tratta di due processioni, l’una si tiene a partire dalla mezzanotte del Giovedì Santo, l’incipit è nel medesimo punto: la statua dell’Addolorata, con il cuore trafitto nella mano, discende dalla ripida scalinata barocca della Chiesa di S. Domenico, nella parte vecchia della città; l’altra è la processione dei Misteri. Quest’ultima parte dalla Chiesa del Carmine nel pomeriggio del Venerdì Santo e si conclude all’alba del Sabato Santo, tra le statue coppie di “perdoni” procedono a passo lentissimo richiamando antichissime manifestazioni rituali: il cordoglio di matrice medioevale (la manifestazione del lutto prevedeva il rallentamento motorio e gestuale, esasperato da scansioni ritmiche e da laceranti melodie).
Nei paesi ellenofoni della Grecìa Salentina è sempre più raro assistere al canto rituale, I passiùna tu Cristù in lingua grìca, che narra delle sofferenze patite da Cristo e della sofferenza della Madonna.
I cantori, muniti di grande ramo ornato di nastri, fiori di campo e immagini sacre, girano per le aie e le vie delle comunità per cantare le 66 strofe.
A Gallipoli si tiene per prima la processione della Madonna Addolorata, il Venerdì precedente la domenica delle Palme. Pochi minuti prima di mezzogiorno i membri della confraternita, nella caratteristica veste nera e con un cero in mano, danno avvio alla processione. Uno di loro, il Correttore, dispone i confratelli in ordine lungo il percorso, la tromba ed il tamburo precedono il corteo.
La processione si dirige alla volta della Cattedrale, poi il corteo procede dalla città vecchia verso la parte nuova e fa sosta nelle varie parrocchie. Il rientro nella chiesa da cui è partita la processione avviene in tarda serata, non prima di aver sostato sui bastioni per benedire il mare e i pescherecci. La processione della Madonna Addolorata costituisce solo l’inizio dei riti pasquali.
Il Giovedì dei Sepolcri, ai fedeli si affiancano le confraternite che, nelle loro tuniche di vari colori a seconda della congrega di appartenenza, con le mozzette, i cappucci ed i bastoni da pellegrino, attraversano le strette stradine del borgo antico fermandosi in pellegrinaggio e adorazione del Santissimo Sacramento nelle numerose chiese della città.
La folla si scansa, si addossa ai lati delle strade per permettere al corteo dei confratelli di passare, i fedeli, intanto, recitano salmi e preghiere.
Nelle case viene preparato il cosiddetto “piattu pe lu sibburcu”, un piatto dove viene lasciato germogliare, al buio, il grano al fine di usarlo per decorare il Sepolcro.
Il culmine dei riti avviene il Venerdì Santo con le cerimonie religiose che rievocano la morte e passione di Gesù: la processione de “L’Urnia”. Si parte alle 18.30, qualcuno, per penitenza, è scalzo e si percuote con un antico strumento di tortura chiamato “disciplina” oppure trasporta due grosse pietre appese alle spalle. La particolarità di questa processione è il transito all’interno della cattedrale. Dopo aver percorso alcune strade, il corteo giunge nella basilica di S. Agata dove fa il suo ingresso. Quando tutto il corteo è transitato davanti all’altare, la processione riprende all’esterno, alla volta della città nuova. Si procede per tutta la città fino alle 2 del mattino quando tutte le statue vengono radunate sul bastione di fronte alle chiese per la benedizione prima di rientrare ciascuno nella propria chiesa.
A ruota dalla chiesa di S. Maria della Purità prende le mosse una nuova cerimonia che animata dai confratelli dell’omonima congrega, porterà in processione le statue di Gesù morto e della Madonna della Croce. Il corteo prende il via intorno alle 3 del mattino, quando la città è ancora avvolta dall’oscurità della notte, per concludersi alle prime luci dell’alba.
La Chiesa di San Nicola di Myra, a Lecce, ospita i tradizionali riti della Settimana santa, celebrati in lingua bizantina.
A partire da Giovedì ci si incontra per la drammatizzazione di 12 brani del Vangelo incentrati sulla morte e passione di Cristo. Dopo le celebrazioni la Chiesa resterà aperta per benedire, con l’olio santo, i fedeli.
Venerdì si prega presso i Sepolcri con i canti dell’Epitafios Thrinos, composti in lingua bizantina. Il baldacchino del Sepolcro viene portato in processione fino al monastero delle Benedettine di San Giovanni.
Sabato si tiene la messa mattutina con la caduta delle foglie d’alloro cui segue l’appuntamento con la veglia pasquale, durante la celebrazione si distribuiscono le “uova rosse”, uova tinte di rosso a simboleggiare il sacrificio del figlio di Dio per l’uomo.
La Domenica di Pasqua ha luogo la messa con la proclamazione babelica del vangelo in varie lingue.
Oltre ai riti vi sono dei personaggi tipici che fanno da sfondo al periodo pasquale.
Uno tra questi è senz’altro la Quaremma, un fantoccio che ritrae una vecchia rozza con in mano una canocchia ed una mela nella quale sono infilzate sette penne. Per tradizione la Quaremma viene tenuta in casa per tutto il periodo della Quaresima, ogni settimana viene tolta dal fantoccio una penna, l’ultima viene sfilata il giorno di Pasqua giorno in cui fantoccio viene bruciato nel camino.
A Galatina esiste anche il ricordo del “Pati Paticchia” (dal greco Pathos, patire) che rappresenta colui che flagellò il corpo di Cristo sulla croce. Anticamente la statua veniva esposta ed i fedeli erano soliti percuoterla o danneggiarla per punire il flagellatore di Cristo.
Sempre parte di una radicata tradizione sono i canti di Santu Lazzaru. Nei paesi facenti parte della Grecìa Salentina, una serie di litanie in griko accompagnano la processione della Domenica delle Palme, quando le palme e rami d’ulivo vengono benedetti per poi essere messi in casa al fine di tenere lontane le malattie.